La Storia
La basilica di San Pietro in Ciel d’Oro (in coelo aureo) è una chiesa di Pavia con dignità di basilica minore. Fu fondata dal re longobardo Liutprando, su una precedente chiesa del VI secolo, per ospitare le spoglie di sant’Agostino che erano state custodite fino al 722 a Cagliari nella omonima cripta, ove erano giunte nel 504 dalla città di Ippona, attualmente in Algeria, al seguito di Fulgenzio di Ruspe, esiliato assieme ad altri vescovi del Nord Africa dal re vandalo Trasamondo. Il re Liutprando, infatti, temeva che i saraceni potessero trafugare una così importante reliquia nel corso delle loro frequenti scorrerie sulle coste del Mediterraneo.
All’inizio del VIII secolo in piena epoca longobarda è menzionata per la prima volta dallo storico Paolo Diacono (720-799). La basilica fu ricostruita in stile romanico tra l’XI e il XII secolo. La basilica paleocristiana originale, San Pietro in Ciel d’Oro, fu così chiamata per via delle volte dorate, era sorta sul luogo ove era sepolto san Severino Boezio, filosofo e senatore romano fatto uccidere dal re ostrogoto Teodorico il Grande nel 525. Alcuni scavi archeologici effettuati nel 2018/2019 dietro l’abside della basilica, hanno portato alla luce murature riferibili all’abside del precedente edificio.


Insigne esempio di architettura romanica lombarda e generalmente considerato, insieme alla basilica di San Michele Maggiore, il più importante monumento religioso medievale della città di Pavia, la chiesa venne riconsacrata da papa Innocenzo II nel 1132 al termine dei lavori di ricostruzione e vanta grande prestigio e notorietà nel mondo cattolico in quanto ospita le spoglie di sant’Agostino d’Ippona e di san Severino Boezio (475-525), martire e Padre della Chiesa.
Viene citata da Dante nella Divina Commedia (Paradiso – Canto decimo vv. 124-128) in quanto sacra depositaria delle spoglie di Boezio e da Francesco Petrarca (Lettera del Petrarca a Giovanni Boccaccio in Seniles, Lib. V, Lett. 1a), inoltre appare in una delle ultime novelle del Decameron (Torello e il Saladino, Novella IX, Giornata X) di Giovanni Boccaccio.
Caduta in uno stato di rovinoso abbandono dopo le spoliazioni sacrileghe napoleoniche, la basilica venne restaurata fra il 1875 e il 1899.
La Basilica di S. Pietro in Ciel d’Oro per il visitatore è visibile solo giungendovi davanti, anche perché l’antico campanile fu demolito in epoca napoleonica. La piazza davanti alla Basilica è dominata dalla facciata della Chiesa romanico-lombarda (1132 d.C.). Sulla sinistra di chi guarda fu in Medioevo il Convento dei Canonici Regolari di S. Agostino, ora Caserma dei Carabinieri. Sulla destra, invece, si trova il Convento di S. Agostino, abitato dai frati agostiniani, custodi della basilica ed eredi della spiritualità di sant’Agostino.
Sulla facciata della Basilica una lapide riproduce la terzina di Dante Alighieri “Lo corpo ond’ella fu cacciata giace giuso in ciel d’auro Ed essa da martiro e da esilio venne a questa pace” (Par. X,127-129). Il sommo poeta fa riferimento alla sepoltura del filosofo romano Severino Boezio (+ 525 d. C.), qui fatto uccidere dal re ostrogoto Teodorico e sulla cui tomba sorse la Basilica paleocristiana di S. Pietro in Ciel d’Oro, così chiamata a causa della cupola interna tutta dorata.