E’ il Figlio che amo, ascoltatelo!
SANT’AGOSTINO: Discorso 78, 2-5
Dobbiamo, carissimi, esaminare e spiegare la visione che il Signore offrì di se stesso sul monte.
A tale visione Pietro, esprimendo sentimenti solo umani: È bello per noi, o Signore – dice – stare qui. Era infastidito dalla folla, aveva trovato la solitudine sul monte; lì aveva Cristo come cibo dell’anima. Perché avrebbe dovuto scendere per tornare alle fatiche e ai dolori mentre lassù era pieno di sentimenti di santo amore verso Dio e che gl’ispiravano perciò una santa condotta?
Voleva star bene, perciò aggiunse: Se vuoi, lascia che prepariamo qui tre tende: una per te, una per Mosè e una per Elia. A questa proposta il Signore non rispose nulla e tuttavia a Pietro fu data una risposta. Stava infatti ancora parlando quando venne una nuvola luminosa che li avvolse con la sua ombra. Pietro cercava tre tende; la risposta venuta dal cielo mostrò invece che noi ne abbiamo una sola, mentre la mentalità umana voleva dividerla. Cristo è la Parola di Dio, Parola di Dio nella Legge, Parola di Dio nei Profeti. Perché, Pietro, cerchi di dividerlo? È necessario piuttosto che tu rimanga unito a lui. Tu cerchi tre tende: devi comprendere ch’è una sola! Mentre la nube li avvolgeva tutti e in certo qual modo facendo per essi una sola tenda, si fece sentire anche una voce che diceva: Questo è il Figlio mio prediletto. Erano lì Mosè ed Elia, eppure discepoli non fu detto: “Questi sono i figli miei diletti”. Una cosa è il Figlio unigenito, un’altra cosa sono i figli adottivi. Veniva esaltato Colui del quale si gloriavano la Legge e i Profeti. Questo è il Figlio mio prediletto – è detto – nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo! Poiché lo avete udito attraverso i Profeti e attraverso la Legge. E quando non lo avete udito? A quelle parole i discepoli caddero bocconi a terra. Ci viene già mostrato nella Chiesa il regno di Dio. Qui c’è il Signore, qui c’è la Legge e i Profeti; ma il Signore in quanto è il Signore, la Legge invece in quanto rappresentata da Mosè e la Profezia rappresentata da Elia; ma essi in quanto servi, in quanto esecutori degli ordini. Essi come recipienti, egli come sorgente. Mosè ed i Profeti parlavano e scrivevano, ma da lui proveniva ciò ch’essi proferivano. Il Signore però tese loro la mano e fece rialzare i discepoli. Essi poi non videro nessuno all’infuori del solo Gesù. Che significa questo? Avete sentito quando si leggeva la lettera dell’Apostolo: Noi adesso vediamo Dio in confuso, come in uno specchio, ma allora lo vedremo faccia a faccia. Cesserà inoltre il dono delle lingue, quando avverrà ciò che ora speriamo e crediamo. Il fatto che i discepoli caddero bocconi a terra significa simbolicamente che moriremo, poiché è stato detto alla carne: Terra sei e nella terra tornerai. Il fatto invece che il Signore li fece rialzare, simboleggiava la risurrezione. Dopo la risurrezione a che ti serve la Legge? a che ti serve la profezia? Ecco perché scompaiono Elia e Mosè. Ti rimane: In principio era il Verbo e il Verbo era con Dio e il Verbo era Dio. Ti resta che Dio sia tutto in tutti. Vi sarà Mosè ma non vi sarà più la Legge. Vedremo lì anche Elia, ma non più gli scritti del Profeta. Poiché la Legge e i Profeti resero testimonianza a Cristo che doveva patire e il terzo giorno risorgere dai morti ed entrare nella sua gloria. Lì si avvererà ciò che ha promesso a coloro che lo amano: Chi mi ama, sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò. E come se gli fosse stato chiesto: “Poiché tu lo amerai, che cosa gli darai?”, risponde: Mi farò conoscere a lui. Gran dono, grande promessa! Dio non ti riserva un proprio dono, ma se stesso. Perché mai, avaro, non ti basta ciò che ti promette Cristo? A te sembra d’esser ricco, ma se non hai Dio, che cosa hai? Un altro invece è povero ma se possiede Dio, che cosa non possiede? Scendi, Pietro; desideravi riposare sul monte: scendi; predica la parola di Dio, insisti in ogni occasione opportuna e importuna, rimprovera, esorta, incoraggia usando tutta la tua pazienza e la tua capacità d’insegnare. Lavora, affaticati molto, accetta anche sofferenze e supplizi affinché, mediante il candore e la bellezza delle buone opere, tu possegga nella carità ciò ch’è simboleggiato nel candore delle vesti del Signore.
INTRODUZIONE ALLA PAROLA DI DIO
I LETTURA (Gen. 22, 1 –2.9.10 – 13. 15 – 18) Abramo sceglie tra l’amore per l’unico figlio, Isacco, e l’obbedienza a Dio. La sua fiducia nel Signore sarà ripagata con una discendenza numerosa come le stelle del cielo e la sabbia del mare.
SALMO 115 A TE OFFRIRO’ SACRIFICI DI LODE
II LETTURA (Romani 8, 31 – 34) L’apostolo Paolo proclama la fedeltà di Dio all’uomo. Egli è un Dio che giustifica, che non condanna ma salva nell’offerta del Figlio.
VANGELO (Mc. 9, 2 – 10) Mentre Gesù avanza verso la Passione il Padre attesta che egli è il Messia. Nella Trasfigurazione i discepoli contemplano il mistero della sua persona e sono da Lui ricondotti alla realtà che li attende: la passione e la morte del Figlio di Dio.
LA PAROLA DI DIO LETTA DA NOI
Le letture della II Domenica di Quaresima esprimono il tema della prova dell’uomo e della fedeltà di Dio. Dio chiede ad Abramo obbedienza fino al sacrificio di Isacco “l’unigenito che ami”. E’ una prova questa che va ben oltre l’offerta rituale del figlio primogenito, è la ferita totale della paternità che prepara la legna, il fuoco, l’altare per il sacrificio. Abramo obbedisce perché la vita e la morte sono di Dio. Anche la nostra vita, talora, conosce prove così grandi e disperanti, un male inguaribile che consuma, un tradimento che annienta, la morte di una persona amata. L’angelo ferma la mano di Abramo e gli restituisce Isacco, duplice dono: figlio della sterile Sara e salvato da morte. Dio storna il sacrificio di Isacco innocente perché l’unico ed ultimo sacrificio di redenzione per ogni uomo sarà quello del Figlio: (Paolo, Rom.) Dio non ha risparmiato il proprio figlio, ma lo ha dato per tutti noi. Noi siamo figli dell’amore paterno di Dio “io ti benedirò con ogni benedizione” Gen; se Dio è con noi chi sarà contro di noi? Paolo. La fedeltà di Dio, annunciata nella prima lettura, è qui riproposta in pienezza come dono.
Il Vangelo di Marco ci racconta vivamente, nell’episodio della Trasfigurazione, la rivelazione di Cristo come Messia ai suoi amici, non tutti, solo Pietro, Giacomo e Giovanni. L’esperienza della Trasfigurazione è per gli apostoli la contemplazione della divinità di Cristo e l’annuncio della sua Passione. I discepoli contemplano e godono della gioia di quella visione, ma, come noi, ancora non capiscono. Come nel battesimo di Gesù al Giordano, “Questi è il mio figlio diletto, ascoltatelo”, dice ancora la voce di Dio che è anche per noi. L’ascolto è l’invito di questa Domenica di preparazione alla Pasqua: dire eccomi come Abramo, dare semplicità alla nostra fiducia, anche se ancora non vediamo; anche se la nostra vita è così faticosa, così turbata dalle vicende di oggi. Ascoltatelo quando perdete il senso del dono, quando un amico vi chiede aiuto; ascoltatelo quando è il tempo del dolore e del disorientamento; ascoltatelo quando l’amore vi interroga e chiede delle scelte. L’ascolto del Signore, come per Abramo, come per gli apostoli sul monte, non è fuga o illusione ma è stare dentro la vita, la nostra, con una umanità profonda, libera dalla paura del soffrire e del morire, trasfigurata, perché abbiamo avuto in dono la paternità.
e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime…. Mc 9.3
Come vorrei dipingere la luce
di bianche lenzuola stese nei prati
dell’infanzia, del Tuo volto di sole,
ma immagini di guerra e rovine
sono tenaglie al cuore e le lacrime
di mille madri non sanno lavarne
la follia.
Torno in via Labirinto,
alle mie Case Nuove di bambina
dove aleggiano ancora, serene,
benedizioni nelle stanze vuote
della nostalgia. Ti somiglio ora
nel viso, mamma, e vorrei nel cuore:
ogni figlio è mio figlio e tremo
per chi non ha voce.
Il vecchio mandorlo
del giardino è bianco di fiori
ed è solo febbraio. L’eredità
dolce d’affetti, Gesù, nel tuo nome
rammenta la carezza della luce.
AT